The ring

The ring, come l’anello che viene assegnato ai vincitori nei campionati sportivi americani. The ring come il quadrato sul quale si sta combattendo uno dei match più infuocati nella storia della Formula 1. Una lotta senza esclusione di colpi. Da una parte il vecchio leone che ruggisce ancora. Dall’altra il giovane rampante che vuole spodestare il re dal trono. Ma quello a cui stiamo assistendo è un incontro di boxe a suon di colpi bassi, assestati sotto la cintura. Una sfida che sta trascendendo e in cui non si sa fino a che punto si spingeranno i duellanti. Max e Lewis come Senna e Prost, anzi molto peggio. Ayrton e Alain hanno segnato un’epoca e se le sono date e dette di santa ragione in pista e fuori. Dichiarazioni al vetriolo, scontri (pochi, ma passati alla storia), penalità. Anche loro hanno usato l’arma della scorrettezza. Il brasiliano non ha mai nascosto di aver buttato il rivale fuori apposta nel 1990 per vendicare lo sgarro avvenuto l’anno prima sulla stessa pista. Il francese, da parte sua, non ha mai ammesso che la manovra fatta nel 1989 a Suzuka fosse volontaria.

LA PACE SI FA CON IL NEMICO – Poi però avevano fatto pace. Era accaduto poche ore prima che il brasiliano finisse contro la barriere alla curva del Tamburello in quel maledetto primo maggio del 1994. Erano stati rivali, ma all’improvviso avevano scoperto di essere imprescindibili l’uno all’altro. Sarebbero anche diventati amici se il destino beffardo non ci avesse messo lo zampino. Come forse amici lo diventeranno Valentino Rossi e Max Biaggi, che dopo il ritiro di entrambi hanno iniziato a inviarsi messaggi e segni di pace. Tra Max (sarà il nome?) e Lewis, invece, la sfida sta assumendo i contorni di un duello all’arma bianca. Il fuoco arde sotto la cenere.

UN PICCOLO VANTAGGIO – In Arabia saudita, dove si è corso per la prima volta dal 1949, anno di fondazione del Mondiale, si è visto di tutto e il contrario di tutto. Bandiere rosse, safety car, manovre al limite, sportellate, frenate improvvise in pieno rettilineo, tamponamenti, ricorsi, penalità. L’impressione è che il duello si sia spinto un po’ troppo oltre. Max sta esagerando. Sembra che gli si chiuda la vena quando vede l’auto nera e verde accanto alla sua Red Bull. Hamilton sta guidando da campione navigato. E’ in forma smagliante e sta cercando, nei limiti del possibile, di mantenere la tenzone tra i binari della legalità. Difficile, però, quando dall’altra parte c’è un olandese che non molla mai, anche a costo di perdere tutto. Ed è proprio questo il punto cruciale della questione. Max e Lewis hanno sì gli stessi punti (369,5), ma l’olandese ha un piccolo-grande vantaggio: in caso di doppio ritiro domenica vincerebbe il campionato grazie a una vittoria in più: 9 a 8. E se finisse come a Suzuka?

FAVOLA OCON – Ovviamente è solo una provocazione. Non ce ne voglia il bravo Max, che sta disputando un Mondiale da favola. Del resto non tieni testa a un sette volte campione del mondo se non sei a tua volta un fenomeno. Verstappen sa che ha un’occasione d’oro e non vuole lasciarsela sfuggire. Magari in futuro gli animi si raffredderanno, ma fino a domenica sera, ne siamo certi, può ancora succedere di tutto. E gli altri? Non pervenuti, o quasi. A Jeddah le Ferrari hanno navigato ai margini, le secondo linee di Red Bull e Mercedes si sono ritrovate per l’ennesima volta a ricoprire ruoli da comprimari. Un capitolo a parte lo merita Esteban Ocon, che ha mancato il podio per un niente. Peccato, perché se lo sarebbe proprio meritato.

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